Il riscaldamento globale e il problema dello smaltimento dei rifiuti sono voci tristemente presenti sulle agende della maggior parte dei governi delle potenze mondiali. Anche se non si è ancora riusciti a risolvere questi nodi fondamentali per la salvaguardia del pianeta, non significa che non esistano strategie che si possono implementare per iniziare questo auspicato cambiamento di rotta. Non è più il momento di far prevalere considerazioni di carattere prettamente economico, anche perché, se si mantiene una visione d’insieme, appare subito chiaro come l’ecosostenibilità sia anche – e soprattutto – la chiave per una futura maggiore prosperità.
Ambiente, cultura e consapevolezza
Dal punto di vista politico e sociale, non si è ancora spenta l’eco dei Fridays for Future, ovvero il movimento di protesta studentesco promosso dall’attivista Greta Thunberg. È stato un uragano mediatico che ha travolto le coscienze e ha portato alla luce problematiche sicuramente già conosciute, ma spesso ignorate dai palazzi dove si prendono le decisioni “che contano”. Per la prima volta, si è trattato di un movimento che ha fatto sentire la sua voce forte e chiara. Le nuove generazioni, giustamente, vogliono ereditare un pianeta ancora vivibile
Il mare di plastica
Il più grande agglomerato di rifiuti di plastica, la Great Pacific Garbage Patch, ha iniziato a formarsi negli anni Ottanta. Oggi, ha una superficie pari a quella del Canada, ed è formata da un agglomerato di rifiuti non biodegradabili che minacciano seriamente l’ecosistema marino. E, attenzione, non è l’unica. Nei mari sono state infatti individuate altre enormi “isole” composte da rifiuti, e formatesi per l’azione delle correnti: si trovano nell’Atlantico, nel Mar Indiano, al largo del Circolo Polare Artico e persino nel Mar Mediterraneo. Appare evidente che non basta invertire la rotta, limitando l’uso della plastica monouso, ma bisogna estirpare questa piaga che mette a rischio tante specie marine.
Nel 2020, un’associazione ambientalista californiana ha portato a termine il progetto Kaisei, un’operazione che ha permesso di recuperare dalla Great Pacific Garbage Patch più di 100 tonnellate di rifiuti. L’associazione ha dichiarato che si tratta solo della prima iniziativa, e che ne seguiranno a breve altre per cercare di arginare questo problema. È una vera e propria corsa contro il tempo: basti pensare che, al momento, galleggiano negli oceani circa 150 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica.
La situazione nel Mediterraneo
L’isola di plastica più vicina a noi si trova tra l’Isola d’Elba e la Corsica. Si forma a causa delle correnti e delle caratteristiche dei fondali. Ha un’estensione di diversi chilometri, e le sue dimensioni e forma cambiano a seconda del periodo dell’anno. Una cosa, però è certa: i rifiuti non fanno che aumentare. Inoltre, l’aumento della temperatura delle acque (circa 1,5° in trent’anni) e l’innalzamento del livello del mare sono altri campanelli d’allarme che sarebbe sconsiderato non ascoltare.